Sicuramente avevamo voglia di una vacanza più rilassante rispetto a quella dello scorso anno in Scandinavia, dove in tre settimane abbiamo guidato tutti i giorni e non abbiamo mai pernottato due notti nello stesso posto. Oltretutto non ci dispiaceva fare un po' di mare, visto che da qualche anno durante i nostri viaggi l'avevamo visto per pochissimo tempo.
Avendo a disposizione le tre settimane di agosto abbiamo scartato l'Italia, eccessivamente caotica in quelle settimane e pochi giorni prima della partenza abbiamo prenotato gli ultimi posti disponibili sul traghetto Ancona - Igoumenitsa e ritorno, quindi destinazione Grecia.
Pensavamo di girare un po' il Peloponneso e in linea di massima evitare le isole principali, belle ma troppo gettonate ad agosto.
Se non si è capito, non siamo amanti della movida ma in vacanza cerchiamo la tranquillità.
Arriviamo così al porto senza avere ancora deciso dove andare una volta sbarcati, cosa poi decisa la mattina seguente in attesa che la nave raggiungesse la terraferma.
Spesso la voglia di relax si "scontra" con la voglia di avventura e non sempre è facile trovare un equilibrio per evitare di rendere poi la vacanza eccessivamente stancante per aver deciso di vedere un'infinità di posti in un tempo non sufficiente.
Abbiamo deciso che non appena sbarcati saremmo andati verso est fino a raggiungere Istanbul (e già è saltata l'idea di fare solo la Grecia...), per poi seguire la costa greca fino al punto più sud del Peloponneso.
Il primo giorno pernottiamo in un campeggio poco prima di Salonicco dopo un trasferimento non troppo confortevole per le temperature superiori ai 35 gradi e il secondo giorno nel pomeriggio raggiungiamo in confine turco.
Usciamo dalla Grecia, stipuliamo l'assicurazione provvisoria (25 euro) e via, timbro sul passaporto e siamo in Turchia!
Il sole inizia a calare, abbiamo percorso 600 km e siamo stanchi morti ma trovare strutture per dormire è più difficile del previsto. I campeggi sono prati lungo la spiaggia appena fuori dall'autostrada e mancando una vera strada costiera (se non l'autostrada) ci è difficile anche cercare alberghi.
Alla fine a circa 80 km da Istanbul abbiamo preso una strada che scendeva verso il mare, dove abbiamo trovato una pensione per passare la notte. Le moto erano parcheggiate in strada, ma il gestore mi ha rassicurato dicendomi che un guardiano le avrebbe controllate tutta notte. Effettivamente quell'uomo era lì la sera e l'abbiamo ritrovato lì la mattina.
Ripartiamo in direzione Istanbul e a circa 30 km dal centro iniziano a comparire palazzi e grattacieli a perdita d'occhio, la strada diventa da due a tre corsie, poi a quattro e vicino al centro anche cinque.
Stiamo parlando della settima città più popolosa al mondo, quindi come dimensioni è qualcosa di diverso da tutte le città attraversate fino ad ora.
Comunque la viabilità è buona e raggiungiamo comodamente l'hotel, dove ci fermiamo due giorni per visitare la città.
La città è molto bella e particolare, è l'antica Costantinopoli, capitale di diversi imperi che nei secoli hanno aggiunto storia alla storia.
Ma a rendere unica la città non sono soltanto i monumenti, che meritano ovviamente di essere visitati, come la moschea Blu, la basilica di Santa Sofia, la cisterna sotterranea, la torre Galata che è forse il migliore punto per vedere la città dall'alto.
La cosa più particolare è l'incrocio di culture che si respira per le sue vie, a tratti estremamente europea e a tratti città araba, dai quartieri moderni all'antico bazar.
Passeggiando per le strade è normale vedere ragazze con il velo integrale, ragazze con il velo al capo e ragazze in minigonna, spesso anche turche. Cosa non scontata in un paese dove più del 95% della popolazione è islamica.
Particolare poi la posizione della città sul Bosforo, tra il mar mediterraneo e il mar nero, tra Europa e Asia.
Qui abbiamo iniziato a entrare un po' in contatto con il popolo turco, che ci ha accolto con grande ospitalità.
Appena arrivati i ragazzi della reception si sono fatti in quattro per trovarci un parcheggio comodo per le moto, nei locali era normalissimo trovarsi a chiacchierare del più e del meno con i camerieri sorseggiando del tè (sempre offerto).
Ricordo con piacere la chiacchierata con un cameriere iraniano che ci parlava del suo paese, di quanto è bella la sua gente ma anche di quando è difficile vivere con quella dittatura. Lui è ingegnere e sogna di raggiungere il Regno Unito per trovare lavoro, spera ci farcela, se Dio vuole. Inshallah, come dice lui!
Passeggiando per Istanbul abbiamo visto mille volte immagini della Cappadocia, di Pamukkale e l'idea di girovagare per la Turchia, che ci stava piacendo parecchio, ci è più volte balenata per la testa.
Avremmo però fatto un'altra vacanza da 8000 km, con tanta guida (oltretutto con temperature spesso allucinanti) e poco mare, quindi con un po' di rammarico abbiamo confermato la decisione iniziale di rientrare verso la Grecia, però non dalla stessa strada dell'andata.
Ci mettiamo così in marcia ancora verso est verso il ponte Ataturk.
I ponti mi sono sempre piaciuti, un po' perché spesso sono opere architettoniche incredibili e poi perché uniscono barriere naturali che creerebbero un ostacolo al passaggio di persone e mezzi.
Spesso queste barriere naturali sono anche dei confini politici.
Tutti i giorni, magari senza rendercene conto, superiamo dei ponti che oltrepassando un fiume o un torrente uniscono un comune a un altro, una provincia ad un'altra, una regione a un'altra.
A volte addirittura uniscono due diversi stati, come l'Oresund percorso lo scorso anno tra Svezia e Danimarca.
Questo ponte, molto scenografico unisce le due sponde del Bosforo.
Non cambia la città, Istanbul era ed Istanbul rimane. Non cambia la nazione, Turchia era e Turchia rimane.
Cosa unisce? È la cerniera tra due continenti, al termine del ponte un cartello giallo riporta la scritta "Welcome to Asia" e l'Europa si vede sempre più lontana dagli specchietti della moto. Emozionante.
Dopo altre decine di chilometri di grattacieli il paesaggio diventa sempre più desolato e arido.
Costeggiamo il golfo di Marmara in direzione Bursa e poi in direzione Canakkale, verso lo stretto dei Dardanelli, che raggiungiamo per sera.
Per poche lire turche un traghetto ci porta sull'altra sponda dello stretto a Gelibolu (Gallipoli), stavolta da Asia a Europa.
Troviamo un nell'albergo a buon prezzo e usciamo a mangiare un boccone, salutando la Turchia con un narghilè in un locale sulla costa.
La mattina, con l'idea di percorrere una strada costiera vista su Google Maps ci siamo ritrovati a fare 9 km di sterrato, fortunatamente non dissestato visti i nostri mezzi stradali. Comunque meritava per la bella vista sullo stretto superato la sera prima.
Ci rimettiamo in marcia verso sud fino al secondo "dito" del Peloponneso, per prendere il ferry che il pochi minuti conduce alla piccola isola di Elafonissos.
Tornati sulla terraferma proseguiamo verso il terzo dito, forse quello più bello e sicuramente quello più particolare. Il Mani.
In extremis abbiamo trovato un appartamento in una delle tipiche costruzioni del Mani, almeno per quella notte dormiamo in un letto.
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